Avviato all’Istituto Oncologico Veneto un ambulatorio per gli uomini con sindromi ereditarie che predispongono allo sviluppo di patologie oncologiche urologiche
Si chiama Uro-ARGO (Alto rischio genetico oncologico) il nuovo ambulatorio per la sorveglianza di uomini portatori di alterazioni genetiche germinali che predispongono allo sviluppo di patologie oncologiche urologiche che ha preso vita all’Istituto Oncologico Veneto (IOV), sia nella sede di Padova sia in quella di Castelfranco Veneto. Ne parliamo con Angelo Porreca, direttore dell’Unità operativa complessa di urologia oncologica dello IOV di Castelfranco Veneto nonché coordinatore del nuovo ambulatorio che opera in stretta collaborazione con l’Unità operativa dei tumori ereditari dello IOV, diretta da Stefania Zovato.
Come funziona l’ambulatorio
Il nuovo ambulatorio accoglie essenzialmente quegli individui che, a seguito dello studio genetico fatto presso l’Unità operativa dei tumori ereditari dello IOV, scoprono di essere portatori di una sindrome ereditaria di predisposizione a tumori urologici. In genere si tratta di persone che non hanno patologie in atto, a cui vengono proposti controlli regolari con l’obiettivo primario della prevenzione.
«Nel nostro ambulatorio, che ha una cadenza quindicinale, proponiamo protocolli di sorveglianza personalizzati per i soggetti sani a rischio di patologie oncologiche urologiche, a carico in particolare di vescica, rene e prostata – spiega Angelo Porreca -. Si tratta in individui portatori di mutazioni ereditarie nei ben noti geni BRCA (tumore prostatico) o con altre sindromi ereditarie come la sindrome di Lynch (prostata e tratto urinario) e la malattia di Von Hippel Lindau (tumore del rene). L’idea alla base è quella di intercettare precocemente eventuali tumori urologici con programmi di sorveglianza mirati. Per esempio in presenza di un rischio aumentato di tumore alla prostata, accanto alla visita urologica e ad alcuni esami (tra cui il test del PSA), proponiamo, quando indicato, anche l’esecuzione della risonanza magnetica multiparametrica, indagine oggi considerata la più valida per fare diagnosi precoce del carcinoma prostatico».
Attenzione globale
Quello delle sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori, comprese le più rare, rappresenta un ambito a cui allo IOV è stata data storicamente grande attenzione, dapprima con la creazione dell’Unità operativa dei tumori ereditari e ora anche con l’avvio dell’ambulatorio dedicato ai tumori urologici. «L’idea della dottoressa Zovato (la direttrice dell’Unità operativa dei tumori ereditari dello IOV) è stata quella di canalizzare all’urologo tutta la grande mole di follow up urologici per poter dare ai portatori di mutazioni ereditarie non solo lo sguardo trasversale del genetista e dello specialista dei tumori ereditari, ma anche quello superspecialistico dell’urologo che ha sulla patologia urologica una sensibilità maggiore» fa notare Porreca.
Con questo tipo di organizzazione i soggetti con sindromi ereditarie possono quindi contare su una doppia sorveglianza. «Spesso si tratta di individui che appartengono a famiglie note, seguite inizialmente per casi di tumore al seno che si sono rivelati associati a mutazioni nei geni BRCA – puntualizza l’urologo -. Non di rado si tratta di familiari uomini di donne BRCA mutate che hanno sviluppato un tumore seno, i quali presentano la stessa mutazione, intercettata grazie allo screening genetico a cascata sui diversi membri della famiglia».
Dalla sorveglianza alla terapia
All’ambulatorio per la sorveglianza dei soggetti ad alto rischio dello IOV possono essere incanalati anche pazienti mutati che sono già stati trattati per una patologia urologica e che desiderano continuare a essere seguiti per una prevenzione secondaria. Ma trattandosi di un ambulatorio all’interno di un’Unità di urologia oncologica, qualora venisse diagnosticato un tumore, il paziente ha anche la possibilità di ricevere un trattamento personalizzato, come fa notare Porreca.
«Quando si ha a che fare con pazienti così complessi occorre tenere presente una serie di fattori per poi proporre il trattamento più indicato. Per esempio bisogna considerare la maggiore possibilità di recidive sulla stessa zona o su altre zone e quindi modulare il grado di invasività del trattamento in base al rischio».
La terapia non può dunque essere uguale a quella di un paziente non mutato, magari immediatamente guaribile con l’intervento demolitivo. «Quando si ha di fronte un paziente con una sindrome genetica ereditaria è fondamentale una riflessione multidisciplinare con il coinvolgimento dell’oncologo, del genetista e dei diversi specialisti nelle varie problematiche per una terapia individualizzata. Banalmente togliere la vescica a un paziente di questo genere è una via senza ritorno che potrebbe creargli un danno. Tutto sommato però sappiamo che prima di arrivare a questo intervento drastico si può provare a salvare l’organo in altri modi perché abbiamo visto che c’è tanta recidività, ma l’aggressività (possibilità di dare metastasi) è inferiore rispetto a corrispettivi tumori vescicali non ereditari. Al contrario un paziente BRCA con tumore della prostata va curato in maniera più importante perché sappiamo che il carcinoma è più aggressivo del tumore prostatico “tradizionale”» conclude l’esperto.
Antonella Sparvoli